«O sanguis meus, o superinfusa
gratia Dei! sicut tibi, cui 30bis unquam coeli ianua reclusa?»
Cosí quel lume: ond’io m’attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso, 33e quinci e quindi stupefatto fui:
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo 36de la mia grazia e del mio paradiso.
Indi, a udire e a veder giocondo,
giunse lo spirto al suo principio cose, 39ch’io non lo ’ntesi, sí parlò profondo;
né per elezion mi si nascose,
ma per necessitá, ché ’l suo concetto 42al segno de’ mortal si soprapose.
E quando l’arco de l’ardente affetto
fu sí sfogato, che ’l parlar discese 45inver lo segno del nostro intelletto,
la prima cosa che per me s’intese,
«Benedetto sie tu» fu «trino e uno, 48che nel mio seme se’ tanto cortese!»
E seguitò: «Grato e lontan digiuno,
tratto leggendo del magno volume 51du’ non si muta mai bianco né bruno,
soluto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch’io ti parlo, mercé di colei 54ch’a l’alto volo ti vestí le piume.
Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch’è primo, cosí come raia 57da l’un, se si conosce, il cinque e ’l sei;
e però ch’io mi sia e perch’io paia
piú gaudioso a te, non mi domandi, 60che alcun altro in questa turba gaia.
Tu credi ’l vero; ché i minori e’ grandi
di questa vita miran ne lo speglio 63in che, prima che pensi, il pensier pandi;