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378 la divina commedia

     «O sanguis meus, o superinfusa
gratia Dei! sicut tibi, cui
30bis unquam coeli ianua reclusa?»
     Cosí quel lume: ond’io m’attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
33e quinci e quindi stupefatto fui:
     ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo
36de la mia grazia e del mio paradiso.
     Indi, a udire e a veder giocondo,
giunse lo spirto al suo principio cose,
39ch’io non lo ’ntesi, sí parlò profondo;
     né per elezion mi si nascose,
ma per necessitá, ché ’l suo concetto
42al segno de’ mortal si soprapose.
     E quando l’arco de l’ardente affetto
fu sí sfogato, che ’l parlar discese
45inver lo segno del nostro intelletto,
     la prima cosa che per me s’intese,
«Benedetto sie tu» fu «trino e uno,
48che nel mio seme se’ tanto cortese!»
     E seguitò: «Grato e lontan digiuno,
tratto leggendo del magno volume
51du’ non si muta mai bianco né bruno,
     soluto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch’io ti parlo, mercé di colei
54ch’a l’alto volo ti vestí le piume.
     Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch’è primo, cosí come raia
57da l’un, se si conosce, il cinque e ’l sei;
     e però ch’io mi sia e perch’io paia
piú gaudioso a te, non mi domandi,
60che alcun altro in questa turba gaia.
     Tu credi ’l vero; ché i minori e’ grandi
di questa vita miran ne lo speglio
63in che, prima che pensi, il pensier pandi;