Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/383

CANTO XV

     Benigna volontade, in che si liqua
sempre l’amor che drittamente spira,
3come cupiditá fa ne la iniqua,
     silenzio pose a quella dolce lira,
e fece quietar le sante corde
6che la destra del cielo allenta e tira.
     Come saranno a’ giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
9ch’io le pregassi, a tacer fur concorde?
     Bene è che senza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri,
12eternalmente quello amor si spoglia.
     Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or súbito foco,
15movendo li occhi che stavan sicuri,
     e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond’el s’accende
18nulla sen perde, ed esso dura poco;
     tale dal corno che ’n destro si stende,
a piè di quella croce corse un astro
21de la costellazion che li resplende;
     né si partí la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radial trascorse,
24che parve foco dietro ad alabastro:
     sí pia l’ombra d’Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
27quando in Eliso del figlio s’accorse.