Fulgíemi giá in fronte la corona
di quella terra che ’l Danubio riga 66poi che le ripe tedesche abbandona;
e la bella Trinacria, che caliga
tra Pachino e Peloro, sopra ’l golfo 69che riceve da Euro maggior briga,
non per Tifeo ma per nascente solfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora, 72nati per me di Carlo e di Ridolfo,
se mala signoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse 75mosso Palermo a gridar: ‘ Mora, mora! ’.
E se mio frate questo antivedesse,
l’avara povertá di Catalogna 78giá fuggiría, perché non li offendesse:
ché veramente proveder bisogna
per lui, o per altrui, sí ch’a sua barca 81carcata piú di carco non si pogna.
La sua natura, che di larga parca
discese, avría mestier di tal milizia 84che non curasse di mettere in arca».
«Però ch’i’ credo che l’alta letizia
che ’l tuo parlar m’infonde, signor mio, 87lá ’ve ogni ben si termina e s’inizia,
per te si veggia come la vegg’io,
grata m’è piú; e anco quest’ho caro 90perché ’l discerni rimirando in Dio.
Fatto m’hai lieto, e cosí mi fa chiaro,
poi che parlando a dubitar m’hai mosso 93com’esser può di dolce seme amaro».
Questo io a lui; ed elli a me: «S’io posso
mostrarti un vero, a quel che tu dimandi 96terrai il viso come tieni ’l dosso.
Lo ben che tutto il regno che tu scandi
volge e contenta, fa esser virtute 99sua provedenza in questi corpi grandi;