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336 la divina commedia

     Inver la Spagna rivolse lo stuolo,
poi ver Durazzo; e Farsalia percosse
66si ch’al Nil caldo si sentí del duolo.
     Antandro e Simoenta, onde si mosse,
rivide, e lá dov’Ettore si cuba,
69e mal per Tolomeo poscia si scosse:
     da onde scese folgorando a Iuba;
poi si rivolse nel vostro occidente,
72ove sentía la pompeiana tuba.
     Di quel che fe’ col baiulo seguente,
Bruto con Cassio ne l’inferno latra,
75e Modena e Perugia fu dolente;
     piangene ancor la trista Cleopatra,
che, fuggendoli innanzi, dal colubro
78la morte prese subitana e atra.
     Con costui corse infino al lito rubro;
con costui pose il mondo in tanta pace,
81che fu serrato a Iano il suo delubro.
     Ma ciò che ’l segno che parlar mi face
fatto avea prima e poi era fatturo
84per lo regno mortal, ch’a lui soggiace,
     diventa in apparenza poco e scuro,
se in mano al terzo Cesare si mira
87con occhio chiaro e con affetto puro;
     ché la viva giustizia che mi spira,
li concedette, in mano a quel ch’i’ dico,
90gloria di far vendetta a la sua ira.
     Or qui t’ammira in ciò ch’io ti replíco:
poscia con Tito a far vendetta corse
93de la vendetta del peccato antico.
     E quando il dente longobardo morse
la Santa Chiesa, sotto le sue ali
96Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
     Omai puoi giudicar di quei cotali
ch’io accusai di sopra, e di lor falli
99che son cagion di tutti vostri mali.