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paradiso - canto vi 335

     Or qui a la question prima s’appunta
la mia risposta; ma sua condizione
30mi stringe a seguitare alcuna giunta,
     perché tu veggi con quanta ragione
si move contr’al sacrosanto segno
33e chi ’l s’appropria e chi a lui s’oppone.
     Vedi quanta virtú l’ha fatto degno
di reverenza! e cominciò da l’ora
36che Pallante morí per darli regno.
     Tu sai ch’el fece in Alba sua dimora
per trecento anni e oltre, infino al fine
39che i tre a’ tre pugnar per lui ancora;
     e sai ch’el fe’ dal mal de le Sabine
al dolor di Lucrezia, in sette regi,
42vincendo intorno le genti vicine.
     Sai quel che fe’, portato da li egregi
Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
45incontro a li altri principi e collegi;
     onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
negletto fu nomato, i Deci e’ Fabi
48ebber la fama che volontier mirro.
     Esso atterrò l’orgoglio de li Arabi
che di retro ad Annibale passaro
51l’alpestre rocce, Po, di che tu labi.
     Sott’esso giovanetti triunfaro
Scipione e Pompeo; ed a quel colle
54sotto ’l qual tu nascesti parve amaro.
     Poi, presso al tempo che tutto ’l ciel volle
redur lo mondo a suo modo sereno,
57Cesare per voler di Roma il tolle:
     e quel che fe’ da Varo infino al Reno,
Isara vide ed Era, e vide Senna
60e ogne valle onde ’l Rodano è pieno.
     Quel che fe’ poi ch’elli uscí di Ravenna
e saltò Rubicon, fu di tal volo
63che nol seguitería lingua né penna.