Ed elli a me: «Dopo lunga tenzone
verranno al sangue, e la parte selvaggia 66caccerá l’altra con molta offensione.
Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l’altra sormonti 69con la forza di tal che testé piaggia:
alte terrá lungo tempo le fronti,
tenendo l’altra sotto gravi pesi, 72come che di ciò pianga o che n’adonti.
Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono 75le tre faville c’hanno i cuori accesi».
Qui pose fine al lacrimabil suono;
e io a lui: «Ancor vo’ che m’insegni, 78e che di piú parlar mi facci dono.
Farinata e il Tegghiaio, che fur sí degni,
Iacopo Rusticucci, Arrigo e ’l Mosca 81e li altri ch’a ben far poser li ’ngegni,
dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;
ché gran disio mi stringe di savere 84se ’l ciel li addolcia, o lo ’nferno li attosca».
E quelli: «Ei son tra l’anime piú nere:
diverse colpe giú li grava al fondo; 87se tanto scendi, lá i potrai vedere.
Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
pregoti ch’a la mente altrui mi rechi: 90piú non ti dico e piú non ti rispondo».
Li diritti occhi torse allora in biechi,
guardommi un poco, e poi chinò la testa: 93cadde con essa a par de li altri ciechi.
E ’l duca disse a me: «Piú non si desta
di qua dal suon de l’angelica tromba, 96quando verrá la nimica podesta:
ciascun rivederá la trista tomba,
ripiglierá sua carne e sua figura, 99udirá quel ch’in eterno rimbomba».