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332 la divina commedia

     cui più si convenia dicer ‛ Mal feci ’,
che, servando, far peggio; e cosí stolto
69ritrovar puoi il gran duca de’ Greci,
     onde pianse Ifigènia il suo bel volto,
e fe’ pianger di sé li folli e’ savi
72ch’udir parlar di cosí fatto cólto.
     Siate, Cristiani, a muovervi piú gravi:
non siate come penna ad ogni vento;
75e non crediate ch’ogni acqua vi lavi.
     Avete il novo e ’l vecchio Testamento,
e ’l pastor de la Chiesa che vi guida:
78questo vi basti a vostro salvamento.
     Se mala cupidigia altro vi grida,
uomini siate, e non pecore matte,
81sí che ’l Giudeo di voi tra voi non rida.
     Non fate com’agnel che lascia il latte
de la sua madre, e semplice e lascivo
84seco medesmo a suo piacer combatte».
     Cosí Beatrice a me com’io scrivo;
poi si rivolse tutta disiante
87a quella parte ove ’l mondo è piú vivo.
     Lo suo tacere e ’l trasmutar sembiante
poser silenzio al mio cupido ingegno,
90che giá nuove questioni avea davante;
     e sí come saetta, che nel segno
percuote pria che sia la corda queta,
93cosí corremmo nel secondo regno.
     Quivi la donna mia vid’io sí lieta,
come nel lume di quel ciel si mise,
96che piú lucente se ne fe’ ’l pianeta.
     E se la stella si cambiò e rise,
qual mi fec’io, che pur da mia natura
99trasmutabile son per tutte guise!
     Come ’n peschiera ch’è tranquilla e pura
traggonsi i pesci a ciò che vien di fuori
102per modo che lo stimin lor pastura,