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322 la divina commedia

     ma te rivolve, come suole, a vòto:
vere sustanze son ciò che tu vedi,
30qui rilegate per manco di vóto.
     Però parla con esse e odi e credi,
ché la verace luce che li appaga
33da sé non lascia lor torcer li piedi».
     E io a l’ombra che parea piú vaga
di ragionar drizzaimi, e cominciai,
36quasi com’uom cui troppa voglia smaga:
     «O ben creato spirito, che a’ rai
di vita eterna la dolcezza senti
39che, non gustata, non s’intende mai,
     grazioso mi fia se mi contenti
del nome tuo e de la vostra sorte».
42Ond’ella, pronta e con occhi ridenti:
     «La nostra caritá non serra porte
a giusta voglia, se non come quella
45che vuol simile a sé tutta sua corte.
     I’ fui nel mondo vergine sorella;
e se la mente tua ben sé riguarda,
48non mi ti celerá l'esser piú bella,
     ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda,
che, posta qui con questi altri beati,
51beata sono in la spera piú tarda.
     Li nostri affetti, che solo infiammati
son nel piacer de lo Spirito Santo,
54letizian del suo ordine formati;
     e questa sorte, che par giú cotanto,
però n’è data perché fur negletti
57li nostri vóti, e vòti in alcun canto».
     Ond’io a lei: «Ne’ mirabili aspetti
vostri risplende non so che divino
60che vi trasmuta da’ primi concetti:
     però non fui a rimembrar festino;
ma or m’aiuta ciò che tu mi dici,
63sí che raffigurar m’è piú latino.