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purgatorio - canto xxx 289

     cosí dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
30e ricadeva in giú dentro e di fuori,
     sovra candido vel cinta d’uliva
donna m’apparve, sotto verde manto
33vestita di color di fiamma viva.
     E lo spirito mio, che giá cotanto
tempo era stato che a la sua presenza
36non era di stupor, tremando, affranto,
     senza de li occhi aver piú conoscenza,
per occulta virtú che da lei mosse,
39d’antico amor sentí la gran potenza.
     Tosto che ne la vista mi percosse
l’alta virtú che giá m’avea trafitto
42prima ch’io fuor di puerizia fosse,
     volsimi a la sinistra col rispitto
col quale il fantolin corre a la mamma
45quando ha paura o quando elli è afflitto,
     per dicere a Virgilio: «Men che dramma
di sangue m’è rimaso che non tremi:
48conosco i segni de l’antica fiamma».
     Ma Virgilio n’avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
51Virgilio a cui per mia salute die’mi;
     né quantunque perdeo l’antica matre,
valse a le guance nette di rugiada,
54che, lacrimando, non tornasser atre.
     «Dante, perché Virgilio se ne vada,
non pianger anco, non piangere ancora,
57ché pianger ti convien per altra spada».
     Quasi ammiraglio che in poppa ed in prora
viene a veder la gente che ministra
60per li altri legni, e a ben far l’incuora;
     in su la sponda del carro sinistra,
quando mi volsi al suon del nome mio,
63che di necessitá qui si registra,