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purgatorio - canto xxv 269

     ché per lo mezzo del cammino acceso
venne gente col viso incontro a questa,
30la qual mi fece a rimirar sospeso.
     Lí veggio d’ogni parte farsi presta
ciascun’ombra e baciarsi una con una
33senza restar, contente a breve festa:
     cosí per entro loro schiera bruna
s’ammusa l’una con l’altra formica,
36forse a spiar lor via e lor fortuna.
     Tosto che parton l’accoglienza amica,
prima che ’l primo passo li trascorra,
39sopragridar ciascuna s’affatica:
     la nova gente: «Soddoma e Gomorra»;
e l’altra: «Ne la vacca entra Pasife,
42perché ’l torello a sua lussuria corra».
     Poi come grue ch’a le montagne Rife
volasser parte e parte inver l’arene,
45queste del gel, quelle del sole schife,
     l’una gente sen va, l’altra sen viene;
e tornan, lacrimando, a’ primi canti
48e al gridar che piú lor si conviene;
     e raccostansi a me, come davanti,
essi medesmi che m’avean pregato,
51attenti ad ascoltar ne ’lor sembianti.
     Io, che due volte avea visto lor grato,
incominciai: «O anime sicure
54d’aver, quando che sia, di pace stato,
     non son rimase acerbe né mature
le membra mie di lá, ma son qui meco
57col sangue suo e con le sue giunture.
     Quinci su vo per non esser piú cieco:
donna è di sopra che m’acquista grazia
60per che ’l mortal per vostro mondo reco.
     Ma se la vostra maggior voglia sazia
tosto divegna, sí che ’l ciel v’alberghi
63ch’è pien d’amore e piú ampio si spazia,