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purgatorio - canto xxiv 261

     Come li augei che vernan lungo ’l Nilo,
alcuna volta in aere fanno schiera,
66poi volan piú a fretta e vanno in filo,
     cosí tutta la gente che lí era,
volgendo ’l viso, raffrettò suo passo,
69e per magrezza e per voler leggera.
     E come l’uom che di trottare è lasso
lascia andar li compagni, e sí passeggia
72fin che si sfoghi l’affollar del casso,
     sí lasciò trapassar la santa greggia
Forese, e dietro meco sen veniva,
75dicendo: «Quando fia ch’io ti riveggia?»
     «Non so» rispos’io lui «quant’io mi viva;
ma giá non fia ’l tornar mio tanto tosto,
78ch’io non sia col voler prima a la riva;
     però che ’l loco u’ fui a viver posto,
di giorno in giorno piú di ben si spolpa,
81e a trista ruina par disposto».
     «Or va,» diss’el «che quei che piú n’ha colpa,
vegg’io a coda d’una bestia tratto
84inver la valle ove mai non si scolpa.
     La bestia a ogni passo va piú ratto,
crescendo sempre, fin ch’ella il percuote,
87e lascia il corpo vilmente disfatto.
     Non hanno molto a volger quelle ruote,»
e drizzò li occhi al ciel «che ti fia chiaro
90ciò che ’l mio dir piú dichiarar non puote.
     Tu ti rimani omai; ché ’l tempo è caro
in questo regno, sí ch’io perdo troppo
93venendo teco sí a paro a paro».
     Qual esce alcuna volta di galoppo
lo cavalier di schiera che cavalchi,
96e va per farsi onor del primo intoppo,
     tal sí partí da noi con maggior valchi;
e io rimasi in via con esso i due
99che fur del mondo sí gran marescalchi.