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purgatorio - canto xx 243

     Lí cominciò con forza e con menzogna
la sua rapina; e poscia, per ammenda,
66Pontí e Normandia prese e Guascogna.
     Carlo venne in Italia e, per ammenda,
vittima fe’ di Curradino; e poi
69ripinse al ciel Tommaso, per ammenda.
     Tempo vegg’io, non molto dopo ancoi,
che tragge un altro Carlo fuor di Francia,
72per far conoscer meglio e sé e’ suoi.
     Senz’arme n’esce, e solo con la lancia
con la qual giostrò Giuda, e quella ponta
75sí ch’a Fiorenza fa scoppiar la pancia:
     quindi non terra, ma peccato e onta
guadagnerá, per sé tanto piú grave,
78quanto piú lieve simil danno conta.
     L’altro, che giá uscí preso di nave,
veggio vender sua figlia e patteggiarne
81come fanno i corsar de l’altre schiave.
     O avarizia, che puoi tu piú farne,
poscia c’hai lo mio sangue a te sí tratto,
84che non si cura de la propria carne?
     Perché men paia il mal futuro e il fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
87e nel vicario suo Cristo esser catto:
     veggiolo un’altra volta esser deriso;
veggio rinnovellar l’aceto e ’l fele,
90e tra vivi ladroni esser anciso;
     veggio il novo Pilato sí crudele,
che ciò nol sazia, ma senza decreto
93porta nel Tempio le cupide vele.
     O Signor mio, quando sarò io lieto
a veder la vendetta che, nascosa,
96fa dolce l’ira tua nel tuo secreto?
     Ciò ch’io dicea di quell’unica sposa
dello Spirito Santo, e che ti fece
99verso me volger per alcuna chiosa,