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purgatorio - canto xix 239

     Intra Siestri e Chiaveri s’adima
una fiumana bella, e del suo nome
102lo titol del mio sangue fa sua cima.
     Un mese e poco piú prova’ io come
pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,
105che piuma sembran tutte l’altre some.
     La mia conversione, oh me! fu tarda;
ma come fatto fui roman pastore,
108cosí scopersi la vita bugiarda:
     vidi che lí non si quetava il core,
né piú salir potíesi in quella vita;
111per che di questa in me s’accese amore.
     Fino a quel punto misera e partita
da Dio anima fui, del tutto avara:
114or, come vedi, qui ne son punita.
     Quel ch’avarizia fa, qui si dichiara
in purgazion de l’anime converse;
117e nulla pena il monte ha piú amara.
     Sí come l’occhio nostro non s’aderse
in alto, fisso a le cose terrene,
120cosí giustizia qui a terra il merse.
     Come avarizia spense a ciascun bene
lo nostro amore, onde operar perdési,
123cosí giustizia qui stretti ne tiene,
     ne’ piedi e ne le man legati e presi;
e quanto fia piacer del giusto sire,
126tanto staremo immobili e distesi».
     Io m’era inginocchiato e volea dire;
ma com’io cominciai, ed el s’accorse,
129solo ascoltando, del mio reverire,
     «Qual cagion» disse «in giú cosí ti torse?»
E io a lui: «Per vostra dignitate
132mia coscienza dritto mi rimorse».
     «Drizza le gambe, levati su, frate!»
rispose; «non errar, conservo sono
135teco e con li altri ad una podestate: