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224 la divina commedia

     Alto sospir, che duolo strinse in ‛ hui! ’,
mise fuor prima; e poi cominciò: «Frate,
66lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui.
     Voi che vivete ogni cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
69movesse seco di necessitate.
     Se cosí fosse, in voi fòra distrutto
libero arbitrio; e non fòra giustizia
72per ben letizia, e per male aver lutto.
     Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma posto ch’io ’l dica,
75lume v’è dato a bene e a malizia,
     e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
78poi vince tutto, se ben si notrica.
     A maggior forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
81la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua cura.
     Però, se ’l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
84e io te ne sarò or vera spia.
     Esce di mano a lui, che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
87che piangendo e ridendo pargoleggia,
     l’anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
90volentier torna a ciò che la trastulla.
     Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s’inganna, e dietro ad esso corre,
93se guida o fren non torce suo amore.
     Onde convenne legge per fren porre;
convenne rege aver che discernesse
96de la vera cittade almen la torre.
     Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo, però che ’l pastor che procede,
99ruminar può, ma non ha l’unghie fesse;