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214 la divina commedia

     Sanguinoso esce de la trista selva:
lasciala tal, che di qui a mille anni
66ne lo stato primaio non si rinselva».
     Com’a l’annunzio di dogliosi danni
si turba il viso di colui ch’ascolta,
69da qual che parte il periglio l’assanni,
     cosí vid’io l’altr’anima che volta
stava a udir, turbarsi e farsi trista,
72poi ch’ebbe la parola a sé raccolta.
     Lo dir de l’una e de l’altra la vista
mi fer voglioso di saper lor nomi,
75e dimanda ne fei con preghi mista;
     per che lo spirto che di pria parlòmi
ricominciò: «Tu vuo’ ch’io mi deduca
78nel fare a te ciò che tu far non vuo’mi.
     Ma da che Dio in te vuol che traluca
tanto sua grazia, non ti sarò scarso;
81però sappi ch’io son Guido del Duca.
     Fu ’l sangue mio d’invidia sí riarso,
che se veduto avesse uom farsi lieto,
84visto m’avresti di livore sparso:
     di mia semente cotal paglia mieto:
O gente umana, perché poni ’l core
87lá ’v’è mestier di consorte divieto?
     Questi è Rinier; questi è ’l pregio e l’onore
de la casa da Calboli, ove nullo
90fatto s’è reda poi del suo valore.
     E non pur lo suo sangue è fatto brullo,
tra ’l Po e ’l monte e la marina e ’l Reno,
93del ben richiesto al vero e al trastullo;
     ché dentro a questi termini è ripieno
di venenosi sterpi, sí che tardi
96per coltivare omai verrebber meno.
     Ov’è il buon Lizio e Arrigo Manardi?
Pier Traversaro e Guido di Carpigna?
99oh Romagnuoli tornati in bastardi!