Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento ch’or vien quinci e or vien quindi, 102e muta nome perché muta lato.
Che voce avrai tu piú, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto 105anzi che tu lasciassi il ‛ pappo ’ e ’l ‛ dindi ’,
pria che passin mill’anni? ch’è piú corto
spazio a l’eterno, ch’un muover di ciglia 108al cerchio che piú tardi in cielo è torto.
Colui che del cammin sí poco piglia
dinanzi a me, Toscana sonò tutta; 111e ora a pena in Siena sen pispiglia,
ond’era sire quando fu distrutta
la rabbia fiorentina, che superba 114fu a quel tempo sí com’ora è putta.
La vostra nominanza è color d’erba,
che viene e va, e quei la discolora 117per cui ella esce de la terra acerba».
E io a lui: «Tuo vero dir m’incora
bona umiltá, e gran tumor m’appiani: 120ma chi è quei di cui tu parlavi ora?»
«Quelli è» rispose «Provenzan Salvani;
ed è qui, perché fu presuntuoso 123a recar Siena tutta a le sue mani.
Ito è cosí e va senza riposo,
poi che morí: cotal moneta rende 126a sodisfar chi è di lá troppo oso».
E io: «Se quello spirito ch’attende,
pria che si penta, l’orlo de la vita, 129qua giú dimora e qua su non ascende,
se buona orazion lui non aita,
prima che passi tempo quanto visse, 132come fu la venuta a lui largita?»
«Quando viveva piú glorioso,» disse
«liberamente nel Campo di Siena, 135ogni vergogna diposta, s’affisse;