Di contra, effigiata ad una vista
d’un gran palazzo, Micol ammirava 69sí come donna dispettosa e trista.
I’ mossi i piè del loco dov’io stava,
per avvisar da presso un’altra storia, 72che di dietro a Micòl mi biancheggiava.
Quiv’era storiata l’alta gloria
del roman principato, il cui valore 75mosse Gregorio a la sua gran vittoria:
i’ dico di Traiano imperadore;
e una vedovella lí era al freno, 78di lacrime atteggiata e di dolore.
Intorno a lui parea calcato e pieno
di cavalieri, e l’aguglie ne l’oro 81sovr’essi in vista al vento si movieno.
La miserella intra tutti costoro
parea dicer: «Signor, fammi vendetta 84di mio figliuol ch’è morto, ond’io m’accoro».
Ed elli a lei rispondere: «Or aspetta
tanto ch’i’ torni». E quella: «Signor mio,» 87come persona in cui dolor s’affretta,
«se tu non torni?» Ed ei: «Chi fia dov’io,
la ti fará». Ed ella: «L’altrui bene 90a te che fia, se ’l tuo metti in oblio?»
Ond’elli: «Or ti conforta; ch’ei conviene
ch’i’ solva il mio dovere anzi ch’i’ mova: 93giustizia vuole e pietá mi ritiene».
Colui che mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare, 96novello a noi, perché qui non si trova.
Mentr’io mi dilettava di guardare
l’imagini di tante umilitadi, 99e per lo fabbro loro a veder care,
«Ecco di qua, ma fanno i passi radi,»
mormorava il poeta «molte genti: 102questi ne ’nvieranno a li altri gradi».