Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi, stimolati molto 66da mosconi e da vespe ch’eran ivi.
Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, ai lor piedi 69da fastidiosi vermi era ricolto.
E poi ch’a riguardar oltre mi diedi,
vidi gente a la riva d’un gran fiume; 72per ch’io dissi: «Maestro, or mi concedi
ch’i’ sappia quali sono, e qual costume
le fa di trapassar parer sí pronte, 75com’io discerno per lo fioco lume».
Ed elli a me: «Le cose ti fier conte,
quando noi fermerem li nostri passi 78su la trista riviera d’Acheronte».
Allor con li occhi vergognosi e bassi,
temendo no ’l mio dir li fosse grave, 81infino al fiume del parlar mi trassi.
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo, 84gridando: «Guai a voi, anime prave!
non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva 87ne le tenebre eterne, in caldo e ’n gelo.
E tu che se’ costí, anima viva,
pártiti da cotesti che son morti». 90Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare: 93piú lieve legno convien che ti porti».
E ’l duca a lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi cosí colá dove si puote 96ciò che si vuole, e piú non dimandare».
Quinci fur quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude, 99che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote.