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purgatorio - canto ix 191

     A guisa d’uom che ’n dubbio si raccerta,
e che muta in conforto sua paura,
66poi che la veritá li è discoperta,
     mi cambia’ io; e come senza cura
vide me ’l duca mio, su per lo balzo
69si mosse, e io di retro inver l’altura.
     Lettor, tu vedi ben com’io innalzo
la mia materia, e però con piú arte
72non ti maravigliar s’io la rincalzo.
     Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
che lá dove pareami prima rotto,
75pur come un fesso che muro diparte,
     vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
78e un portier ch’ancor non facea motto.
     E come l’occhio piú e piú v’apersi,
vidil seder sovra ’l grado soprano,
81tal ne la faccia ch’io non lo soffersi;
     e una spada nuda aveva in mano,
che rifletteva i raggi sí ver noi,
84ch’io dirizzava spesso il viso in vano.
     «Dite costinci: che volete voi?»
cominciò elli a dire «ov’è la scorta?
87guardate che ’l venir su non vi nòi».
     «Donna del ciel, di queste cose accorta,»
rispose il mio maestro a lui «pur dianzi
90ne disse: ‛ Andate lá, quivi è la porta ’».
     «Ed ella i passi vostri in bene avanzi»
ricominciò il cortese portinaio;
93«venite dunque a’ nostri gradi innanzi».
     Lá ne venimmo; e lo scaglion primaio
bianco marmo era sí pulito e terso,
96ch’io mi specchiai in esso qual io paio.
     Era il secondo tinto piú che perso,
d’una petrina ruvida ed arsiccia,
99crepata per lo lungo e per traverso.