Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/184

178 la divina commedia

     Ella non ci diceva alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
66a guisa di leon quando si posa.
     Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
69e quella non rispose al suo dimando,
     ma di nostro paese e de la vita
c’inchiese; e ’l dolce duca incominciava
72«Mantova....», e l’ombra, tutta in sé romita,
     surse ver lui del loco ove pria stava,
dicendo: «O Mantovano! io son Sordello
75de la tua terra» e l’un l’altro abbracciava.
     Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
78non donna di provincie, ma bordello!
     Quell’anima gentil fu cosí presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
81di fare al cittadin suo quivi festa;
     e ora in te non stanno senza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
84di quei ch’un muro e una fossa serra.
     Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
87s’alcuna parte in te di pace gode.
     Che vai perché ti racconciasse il freno
Iustiniano, se la sella è vòta?
90senz’esso fòra la vergogna meno.
     Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
93se bene intendi ciò che Dio ti nota,
     guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
96poi che ponesti mano a la predella!
     O Alberto tedesco, ch’abbandoni
costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
99e dovresti inforcar li suoi arcioni,