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174 la divina commedia

     E uno incominciò: «Ciascun si fida
del beneficio tuo senza giurarlo,
66pur che ’l voler non possa non ricida:
     ond’io, che solo innanzi a li altri parlo,
ti priego, se mai vedi quel paese
69che siede tra Romagna e quel di Carlo,
     che tu mi sia de’ tuoi prieghi cortese
in Fano, sí che ben per me s’adori
72pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.
     Quindi fu’ io; ma li profondi fori
ond’usci ’l sangue in sul quale io sedea,
75fatti mi furo in grembo a li Antenori,
     lá dov’io piú sicuro esser credea:
quel da Esti il fe’ far, che m’avea in ira
78assai piú lá che dritto non volea.
     Ma s’io fosse fuggito inver la Mira,
quando fu’ sovragiunto ad Oriaco,
81ancor sarei di lá ove si spira.
     Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco
m’impigliar sí, ch’i’ caddi; e lí vid’io
84de le mie vene farsi in terra laco».
     Poi disse un altro: «Deh, se quel disio
si compia che ti tragge a l’alto monte,
87con buona pietate aiuta il mio!
     Io fui da Montefeltro, io son Bonconte;
Giovanna o altri non ha di me cura,
90per ch’io vo tra costor con bassa fronte».
     E io a lui: «Qual forza o qual ventura
ti traviò sí fuor di Campaldino,
93che non si seppe mai tua sepultura?
     «Oh!» rispos'elli «a piè del Casentino
traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano,
96che sovra l’Ermo nasce in Apennino.
     Lá ’ve ’l vocabol suo diventa vano,
arriva’ io forato ne la gola,
99fuggendo a piede e ’nsanguinando il piano.