Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto
dove l’acqua di Tevero s’insala, 102benignamente fu’ da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l’ala,
però che sempre quivi si ricoglie 105quale verso Acheronte non si cala».
E io: «Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l’amoroso canto 108che mi solea quetar tutte mie voglie,
di ciò ti piaccia consolare alquanto
l’anima mia, che, con la mia persona 111venendo qui, è affannata tanto!»
‘ Amor che ne la mente mi ragiona ’
cominciò elli allor sí dolcemente, 114che la dolcezza ancor dentro mi sona.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch’eran con lui parevan sí contenti, 117come a nessun toccasse altro la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto 120gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
correte al monte, a spogliarvi lo scoglio 123ch’esser non lascia a voi Dio manifesto».
Come quando, cogliendo biada o loglio,
li colombi adunati a la pastura, 126queti, senza mostrar l’usato orgoglio,
se cosa appare ond’elli abbian paura,
subitamente lasciano star l’esca, 129perch’assaliti son da maggior cura;
cosí vid’io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e gire inver la costa, 132com’uom che va, né sa dove riesca:
né la nostra partita fu men tosta.