E perché non mi metti in piú sermoni,
sappi ch’io fu’ il Camicion de’ Pazzi; 69e aspetto Carlin che mi scagioni».
Poscia vid’io mille visi cagnazzi
fatti per freddo; onde mi vien riprezzo, 72e verrá sempre, de’ gelati guazzi.
E mentre ch’andavamo inver lo mezzo
al quale ogni gravezza si rauna, 75e io tremava ne l’eterno rezzo;
se voler fu o destino o fortuna,
non so; ma, passeggiando tra le teste, 78forte percossi il piè nel viso ad una.
Piangendo mi gridò: «Perché mi peste?
se tu non vieni a crescer la vendetta 81di Montaperti, perché mi moleste?»
E io: «Maestro mio, or qui m’aspetta,
sí ch’io esca d’un dubbio per costui; 84poi mi farai, quantunque vorrai, fretta».
Lo duca stette; e io dissi a colui
che bestemmiava duramente ancora: 87«Qual se’ tu che cosí rampogni altrui?»
«Or tu chi se’ che vai per l’Antenora,
percotendo» rispose «altrui le gote, 90sí che, se fossi vivo, troppo fòra?»
«Vivo son io, e caro esser ti puote,»
fu mia risposta «se dimandi fama, 93ch’io metta il nome tuo tra l’altre note».
Ed elli a me: «Del contrario ho io brama;
lèvati quinci e non mi dar piú lagna, 96ché mal sai lusingar per questa lama!»
Allor lo presi per la cuticagna,
e dissi: «El converrá che tu ti nomi 99o che capel qui su non ti rimagna».
Ond’elli a me: «Perché tu mi dischiomi,
né ti dirò ch’io sia, né mostrerolti, 102se mille fiate in sul capo mi tomi».