E come a gracidar si sta la rana
col muso fuor de l’acqua, quando sogna 33di spigolar, sovente, la villana;
livide, insin lá dove appar vergogna
eran l’ombre dolenti nella ghiaccia, 36mettendo i denti in nota di cicogna.
Ognuna in giú tenea volta la faccia:
da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo 39tra lor testimonianza si procaccia.
Quand’io m’ebbi dintorno alquanto visto,
volsimi a’ piedi, e vidi due sí stretti, 42che ’l pel del capo avieno insieme misto.
«Ditemi voi, che sí strignete i petti,»
diss’io «chi siete?» E quei piegaro i colli; 45e poi ch’ebber li visi a me eretti,
li occhi lor, ch’eran pria pur dentro molli,
gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse 48le lacrime tra essi e riserrolli.
Con legno legno spranga mai non cinse
forte cosí; ond’ei come due bécchi 51cozzato insieme, tanta ira li vinse.
E un ch’avea perduti ambo li orecchi
per la freddura, pur col viso in giúe, 54disse: «Perché cotanto in noi ti specchi?
Se vuoi saper chi son cotesti due,
la valle onde Bisenzo si dichina 57del padre loro Alberto e di lor fue.
D’un corpo usciro; e tutta la Caina
potrai cercare, e non troverai ombra 60degna piú d’esser fitta in gelatina:
non quelli a cui fu rotto il petto e l’ombra
con esso un colpo per la man d’Artú; 63non Focaccia; non questi che m’ingombra
col capo sí, ch’i’ non veggio oltre piú,
e fu nomato Sassol Mascheroni: 66se tosco se’, ben sai omai chi fu.