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8 | la divina commedia |
Andovvi poi lo Vas d’elezione,
per recarne conforto a quella fede
30ch’è principio a la via di salvazione.
Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede?
Io non Enea, io non Paolo sono:
33me degno a ciò né io né altri crede.
Per che, se del venire io m’abbandono,
temo che la venuta non sia folle:
36se’ savio; intendi me’ ch’io non ragiono».
E qual è quei che disvuol ciò che volle
e per novi pensier cangia proposta,
39sí che dal cominciar tutto si tolle,
tal mi fec’io in quella oscura costa:
per che, pensando, consumai la ’mpresa
42che fu nel cominciar cotanto tosta.
«Se io ho ben la tua parola intesa,»
rispose del magnanimo quell’ombra
45«l’anima tua è da viltate offesa;
la qual molte fiate l’uomo ingombra
sí che l’onrata impresa lo rivolve,
48come falso veder bestia quand’ombra.
Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi
51nel primo punto che di te mi dolve.
Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
54tal che di comandare io la richiesi.
Lucevan li occhi suoi piú che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
57con angelica voce, in sua favella:
‘ O anima cortese mantovana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
60e durerá, quanto il mondo, lontana,
l’amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
63sí nel cammin, che vòlto è per paura: