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124 la divina commedia

     Oh quanto mi parea sbigottito
con la lingua tagliata ne la strozza
102Curio, ch’a dire fu cosí ardito!
     E un ch’avea l’una e l’altra man mozza,
levando i moncherin per l’aura fosca,
105sí che ’l sangue facea la faccia sozza,
     gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca,
che dissi, lasso! ‛ Capo ha cosa fatta ’,
108che fu ’l mal seme per la gente tosca».
     E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta!»
per ch’elli, accumulando duol con duolo,
111sen gío come persona trista e matta.
     Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa, ch’io avrei paura,
114senza piú prova, di contarla solo;
     se non che coscienza m’assicura,
la buona compagnia che l’uom francheggia
117sotto l’asbergo del sentirsi pura.
     Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,
un busto senza capo andar sí come
120andavan li altri de la trista greggia;
     e ’l capo tronco tenea per le chiome,
pésol con mano a guisa di lanterna;
123e quel mirava noi, e dicea: «Oh me!»
     Di sé faceva a se stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due:
126com’esser può, quei sa che sí governa.
     Quando diritto al piè del ponte fue,
levò ’l braccio alto con tutta la testa,
129per appressarne le parole sue,
     che furo: «Or vedi la pena molesta
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
132vedi s’alcuna è grande come questa.
     E perché tu di me novella porti,
sappi ch’i’ son Bertram dal Bornio, quelli
135che diedi al Re giovine i ma’ conforti.