Di fuor dorate son, sí ch’elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto, 66che Federigo le mettea di paglia.
Oh in eterno faticoso manto!
Noi ci volgemmo ancor pur a man manca 69con loro insieme, intenti al tristo pianto;
ma per lo peso quella gente stanca
venía sí pian, che noi eravam novi 72di compagnia ad ogni mover d’anca.
Per ch’io al duca mio: «Fa che tu trovi
alcun ch’al fatto o al nome si conosca, 75e li occhi, sí andando, intorno movi».
E un che ’ntese la parola tosca,
di retro a noi gridò: «Tenete i piedi, 78voi che correte sí per l’aura fosca!
forse ch’avrai da me quel che tu chiedi».
Onde ’l duca si volse e disse: «Aspetta, 81e poi secondo il suo passo procedi».
Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
de l’animo, col viso, d’esser meco; 84ma tardavali ’l carco e la via stretta.
Quando fur giunti, assai con l’occhio bieco
mi rimiraron senza far parola; 87poi si volsero in sé, e dicean seco:
«Costui par vivo a l’atto de la gola;
e s’e’ son morti, per qual privilegio 90vanno scoperti de la grave stola?»
Poi disser me: «O Tosco, ch’al collegio
de l’ipocriti tristi se’ venuto, 93dir chi tu se’ non avere in dispregio».
E io a loro: «I’ fui nato e cresciuto
sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa, 96e son col corpo ch’i’ ho sempre avuto.
Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
quant’i’ veggio dolor giú per le guance? 99e che pena è in voi che sí sfavilla?»