Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/10

4 la divina commedia


     Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
30sí che ’l piè fermo sempre era ’l piú basso.
     Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggiera e presta molto,
33che di pel maculato era coverta;
     e non mi si partía d’innanzi al volto,
anzi impediva tanto il mio cammino,
36ch’i’ fui per ritornar piú volte vòlto.
     Temp’era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ’n su con quelle stelle
39ch’eran con lui quando l’amor divino
     mosse di prima quelle cose belle;
sí ch’a bene sperar m’era cagione
42di quella fiera a la gaietta pelle
     l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sí che paura non mi desse
45la vista che m’apparve d’un leone.
     Questi parea che contra me venesse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
48sí che parea che l’aere ne temesse.
     Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
51e molte genti fe’ giá viver grame;
     questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
54ch’io perdei la speranza de l’altezza.
     E qual è quei che volentieri acquista,
e giugne ’l tempo che perder lo face,
57che ’n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista;
     tal mi fece la bestia senza pace,
che, venendomi incontro, a poco a poco
60mi ripigneva lá dove ’l sol tace.
     Mentre ch’i’ ruinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
63chi per lungo silenzio parea fioco.