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LA DIVINA COMMEDIA
Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
30 si che ’l piè fermo sempre era ’l piú basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggiera e presta molto,
33 che di pel maculato era coverta;
e non mi si partia d’innanzi al volto,
anzi impediva tanto il mio cammino,
36 ch’i’ fui per ritornar piú volte vólto.
Temp’era dal principio del mattino,
e’1 sol montava’n su con quelle stelle
39 ch’eran con lui quando l’amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
si eh’a bene sperar m’era cagione
42 di quella fiera a la gaietta pelle
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non si che paura non mi desse
45 la vista che m’apparve d’un leone.
Questi parea che contra me venesse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
48 si che parea che l’aere ne temesse.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
51 e molte genti fe’ giá viver grame;
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
54 eh’io perdei la speranza de l’altezza.
E qual è quei che volentieri acquista,
e giugne ’l tempo che perder lo face,
57 che ’n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista;
tal mi fece la bestia senza pace,
che, venendomi incontro, a poco a poco
60 mi ripigneva lá dove ’l sol tace.
Mentre ch’i’rumava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
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