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398 | saggio |
espressione, e grazia le acquista non picciola, godiamo, non ha dubbio, noi altri Italiani, che è negato ai Francesi; ma per non essere varie appo noi le desinenze de’ casi che terminano tutti allo stesso modo, e soltanto sono tra loro distinti dal segnacaso, è ristretto tal privilegio a certi confini. E però la nostra lingua non si modifica per questo conto in quella tanta varietà che da essa trasposizione delle parole ricevono la greca e la latina. Dal che ne nasce che le cose più semplici e comuni, solito argomento de’ piccioli componimenti, ella non può atteggiarle colla trasposizione, come non può colorirle coll’armonía in tanti modi, nè tanto nobilmente e graziosamente esprimerle, quanto potean fare i Greci e i Romani, ai quali diedero le muse di parlare con bocca più rotonda. I componimenti adunque fatti di simili versi, se non sono rimati, danno troppo facilmente nel prosaico, quanto all’atteggiamento ed al numero, come potrà ognuno conoscere nella tradizione che ha tentato il Salvini di Anacreonte in versi sciolti; e la rima è tanto necessaria a tali composizioni, quanto l’acconciatura e i nei sono necessarj a distinguer quelle donne che per la loro aria e per il loro portamento verrebbono ad esser confuse con le plebee.
A tutto questo si potrebbe ancora aggiugnere, che, il carattere proprio di tali composizioni essendo il più delle volte quello della leggiadria, anche da questo lato male non si confà loro il ritorno di quella barbarità della rima,