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382 saggio

o meno dolce, davano al verso quello andamento e quella armonia che meglio rendesse le immagini delle cose, e nello sdegnosissimo loro orecchio dovesse meglio suonare. Così avea provveduto quella dilicatissima nazione al comodo de’ loro poeti. I Latini, nazione non tanto dilicata, concedevano loro assai meno di libertà: e da ciò nasce, per avventura, che appariscano più cose in Virgilio che in Omero, dette soltanto in grazia del metro. Le nazioni moderne imbarbarite dai Goti, da cui discendono, si sottomisero nelle loro lingue alla rima, la quale è senza dubbio la più dura catena con cui legare si potessero i poeti1; benché il suono ch’ella rende, non sia il più disgustoso nè il più aspro: al che fece anche la via l’uso delle simili desinenze fattosi comune appresso i Latini al tempo che declinò la eloquenza, e alla naturale nobiltà dello stile succedette in ogni cosa l’affettazione.

Non è la rima di molto dissimile natura dallo acrostico, per cui conviene incominciare i versi con certe date lettere, e da simili altri barbarismi, o vogliam dire studiati giocolini: e parve che il bello della poesia si riponesse tutto nelle difficoltà che nella composizione dei versi si avessero da vincere. Talchè

  1. Leur versification (des Grecs et des Latins) étoit sans comparaison mois gênante que la nôtre. La rime est plus difficile elle seule, que toutes leurs règles ensemble.

    Fénelon, Lettre à l’Académie françoise, art. v.