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AL SIG. MARCHESE

FRANCESCO ALGAROTTI

Avviene assai volte che colui il quale è straniero in una faccenda, ne formi un più retto giudizio che non soglion fare coloro a’ quali appartiene la faccenda medesima: quasi a quel modo che gli abitanti della luna potrebbono del nostro globo descrivere una mappa molto più esatta, che fare non si può da noi stessi che lo abitiamo.

Non ardirei dire che a me forestiero nella lingua francese fosse avvenuto lo stesso nel ragionare di quella: dirò bene che conversando co’ più dotti Francesi, e rivolgendo le opere loro, potrei conoscere a prova che certe considerazioni da me fatte sopra le forze, la portata e l’indole di quella lingua non discordavano punto da quanto in tal proposito essi sentivano; essi che con la scorta della dottrina uscendo fuori del proprio paese, e potendolo in certa maniera meglio considerare, erano in istato di parlare senza passion d’animo delle cose loro, e di recarne un sano e fondato giudizio.