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di scrivere nella propria lingua | 333 |
il Pussino nella pittura, uomo francese e autore italiano: tanto è lo studio ch’egli pose ne’ nostri scrittori, oltre a quel molto ch’egli potè apprendere nella dimora ch’e’ fece tra noi.
E in ogni modo egli è molto meno difficile a scrivere come si conviene in una lingua non sua ma vivente, che in una che si rimane solamente dipinta in sulle morte carte de’ libri. Perchè in fine nè i principj del pensare, nè gli studj sono tra le varie nazioni di Europa così differenti, nè sono così diseguali gl’imperj, che tra esse non vi abbia molta proporzione ed analogia. Oltrechè di un grandissimo aiuto ti può essere la viva voce di coloro che pur parlano quella lingua in cui tu ti proponi di scrivere.
Dove altrimenti va la faccenda in una lingua morta. E pigliando in esempio la latina, in cui si suole dai dotti più comunemente scrivere, la educazione dei Romani avea per fondamento principj di religione, instituzioni, studj, costumanze e modi in tutto diversi da’ nostri. Donde nascevano espressioni ad essi modi corrispondenti e per niente adattabili alle nostre istituzioni ed usanze. Litare diis manibus, come disse il Bembo, per celebrare la messa dei morti, interdicere aqua et igni per fulminar la scomunica, collegium augurum per il Concistoro dei cardinali, sono sconvenevolezze tali che maggior non sarebbe il mettere indosso a uno de’ nostri dottori la toga romana, il voler porre su’ nostri altari la statua di Venere Anadiomene, o di Marte vendicatore.