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SAGGIO

un certo raffinamento, o raddrizzamento che dire il vogliamo, della dottrina stessa di Vitruvio, il quale lasciò scritto, non doversi per conto niuno nelle immagini rappresentar quello che non può stare colla verità (*). Ma qui non ristà la cosa. Fermo il filosofo in quel suo fondamentale principio, che la buona architettura ha da formare, ornare e mostrare, e che in essa lo stesso ha da essere la funzione e la rappresentazione, egli procede co' suoi argomenti più là, e ne ricava una troppo terribile conseguenza. Questa si è, di dover condannare non questa o quella parte, ma tutti insieme gli edifizi così moderni come antichi, e quelli singolarmente che hanno il maggior vanto di bellezza, e sono decantati come gli esemplari dell'arte. Di pietra sono essi fabbricati, e mostrano essere di legname; le colonne figurano travi in piedi che sostentino la fabbrica; la cornice lo sporto del comignolo di essa: e l'abuso va così innanzi, che tanto più belli si reputano gli edifizi di pietra, quanto più rappresentino in ogni loro parte e membratura con ogni maggior esattezza e somiglianza le opere di legno: abuso veramente, dice egli, il più solenne di quanti immaginare si potessero giammai; e che, per essere da così lungo tempo radicato nelle menti degli uomini, conviene adoperare, per estirparnelo,

(*) Itaque quod non potest in veritate fieri, id non puteverunt (antiqui) in imagimbus factum posse certam rationem habere.

Lib. IV. cap. 2.