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SAGGIO

seguiti da' vari maestri del tempo suo: e ciò egli fece, perchè gli studiosi di quell'arte se ne potessero, come egli dice, nelle opere loro guardare, e conoscergli nelle altrui (*). Tanto è vero che abbiamo il più sovente mestieri di chi ei mostri quello che pare dovesse saltare agli occhi di tutti. Ma niuno avvertì nell'architettura un più gran numero di abusi, che un valentuomo della nostra età; e questi non già introdottivi da' barbari, ma da quelle nazioni che riputate sono in ogni genere di disciplina di tutte le altre regolatrici e maestre. Non lo ritenne nè autorità di tempo, nè nobiltà di esempio: vuole sottoposto ogni cosa al più rigoroso esame della ragione: e non altro avendo per fine che la verità, quella inculcando, e sotto varie facce e similitudini mostrandola, come già Socrate la filosofia, così egli dalle vani diciture, per così esprimersi, e dalle fallacie dei sofisti intende di purgar l'architettura. La buona maniera del fabbricare, si fa egli a dire, ha da formare, ornare e mostrare. Tali parole interpretate da lui medesimo suonano nel volgar nostro, che niente ha da vedersi in una fabbrica che non abbia il proprio suo uffizio, e non sia parte integrante della fabbrica stessa; che dal necessario ha da risultare onninamente l'ornaio; e non altro che affettazione e falsità sarà tutto quello che introdurranno nelle opere loro gli architetti di là dal fine a
(*) Lib. I. cap. XX