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80 Dialogo Secondo.

à per fino ne’ liti gioii mondi della Giurisprudenza, e della Morale penetrato; anno fera p re in pronto certe lettere unite tra loro con certi fegati, ch’cffi chiamali formule. Con quelle, purché fia loro noia la qualità della lente, cioè la dilìanza del foco di ella, e la dittanza del punto, donde partono i raggi che fopra la lente cadono, o pure la diftanza del punto a cui tendono i raggi, fe cadenzerò fopra la lente convergenti; vi fin dire in un batter d’occhio fe li uniranno, o nò, fe ufciran dalla lente paralleli, o divergenti, e in qual punto fi uniranno, con una certa fpecie di Magia, la quale non faria per avventura reltata impunita in que* tempi, quando ne porea moverli la Tcira, nè eintere gli Antipodi impunemente.

L’unirsi de’ raggi divergenti da varj punti in altrettanti punti di là dalla lente, che pare una cofa per fe fttiìa aliai indifferente, ci fom ministra uno de* più belli fpettacoli, che polliate idearvi giammai. Se ad un foro fatto nella fìneftra d’una camera ofcura li applicherà una lente, e dietro in faccia ad ella lì porrà in una certa diftanza una carta bianca, voi vedrete fopra quella dipingerli al rovefcìo tutti gli oggetti, che fon fuor della fine lira, e mafiìme quelli, che ftanno dirimpetto alla lente con una vaghezza, vivacità, e mollezza di colori, che un paefe di Claudio di Lorena, o una veduta del Canaletto vi perderebbono molto al paragone. Voi v’accorgete della dilìanza degli oggetti, o dell’innanzi, e indietro, fecondo che chiamano i Pittori, non al-