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72 | Dialogo Secondo. |
Ma parlando di nuovo dalla Poefia alla Fifica; il qual pafftggto voi m’avere refo familiare; diverfo è il modo -del romperti de’ raggi della luce, d a un mezzo raro in un denfo, come dall’aria nel vetro, e da un denfo in un raro, come dal vetro ne 1l’aria. Io intendo Tempre parlar de’ raggi, che cadono fu quelli mezzi obbliquamente, e con qualche inclinazione, poiché i raggi che vi cadon perpendicolarmente non foffrono, come lapete, deviazione alcuna. Se adunque immaginerete, che un raggio di luce venga obbliquamenre dall’aria fopra la fuperficie d’un vetro, egli fi romperà in modo, che farà dopo il fuo paflaggio meno inclinato ali* fuperficie del vetro, e dentro immergend ovili, fi accollerà più all’e (Ter perpendicolare. Goà un raggio, che partendo dagli occhj voftri and al le a percuotere il mezzo di quella rotonda vafca, lecca ch’ella foffe; riempita poi eflendo d’acqua, come ella è ora, non può più dirittamente aquel punto di rimafcorrere, ma entrando nell’acqua fi torce in modo, che viene a cader più in qua, ed a percuotere il fondo della vafca in un fuo piùvicin di noi. Ed ecco tutte le linee, e tutte le figure, che io vi fegnerò.
In fatti che bisogno v’à egli, rifpofe la Marcherà, di linee, e di figure per intendere, che un raggio pattando dall’aria nell’acqua, o nel ve, tro, «etra torcendoli verfo di elTo, traendo all’efler perpendicolare? E il contrario non fuccederà egli pafsando il raggio dal vetro nell’aria? Cosi è per l’appunto, fifpos’io; Egli è in quello cafo più inclinato dopo il pafsaggio fuo alla su