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Dialogo secondo. 71

a voi, che avete k rifrazioni in tefta; ma parlano al popolo, e per arguente debbono fcrvirfi moke volte a % pregLudizj, «d; quelle opinioni, che fon nel popò o; e purché le mrna|ini fteo vive, veementi gh affètti, ed armonio!» refpreffione, fi può loro perdonare qua ^ errore d’Òttica. Che direte voi del licenziofo Ovidio, fe non che troppo poetica è quella il qual fa fcorrcre in un giorno tutti 1 legni aei Zodiaco al Sole, quando l’efatra Allronomia non. gli prefcrive che la trentèlima parte in circa d uà Iglò pel Aio corfo giornaliero f Nel fecondo de g ll’Eneide,il capo d’opera della fubbme Pocfij, fi trova una bella immagine che efammata dall Ottica perde tutto perdendo la giallezza Enea avvizio fogno da Ettore dell’irreparabil ruina della Patria, monta fu un torrazzo de la fua caia, e vede in fatti le infidie de’ Greci, che in peni lato raanifeftavanfi, il palagio di Deifobo già diJlrutro, il fuo vicino Ucalegone che ardea, e e fiamme della, dieci anni m vano combattuta Città, rifplender nel Mare; il che per la ùtuazione in cui egli era, non poteva /accedere. Ottici tutti vi diranno, che avna bifognato per ciò fare, che il Mare folle Hata di mezzo tra lui, e le fiamme della Città, il che non era. Ma chi non perdonerebbe quello errore che noa è veduto da nefluno, per quelli due vera, che tutto il Mondo gulla?

    E V incendio dì Troja in ogni lato 
    Ritocca di Sigh nella Marina.