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70 | Dialogo Secondo. |
in un’altro; e tanto ella è maggiore, cioè tanto più fi rompono, e deviano dalla loro ftrada i raggi, quanto più in denfìcà di veti! fono rra loro i mezzi, per li quali la luce palla facce divamente. Com più rompono i raggi pattando dall’aria nel vetro, che dati* aria nell’acqua, ellendo molto più denfo il vetro, the non è l’acqua, e più rompono ancora palTando dall’aria nel diamante per la m ed clima ragione.
Se questo fosse il luogo, disse la Marchefa, di far la critica a’ Poeti, fi potrebbe dire, che il Tasso non à parlato con molta efattezza, allorché parlando d’Armida dille:
Come per acqua, o per criftallo intiero Trapajfa il raggio, e noi divide, o parte, Per entro il chiù fa Manto ofa il penfiero Si penetrar nella vietata parte.
Egli pare che non s’accordi in quelli verfi colla Poef a l’Ottica, la quale i on permette in nefluna maniera al raggio di trapalare intiero. Forfè, rifpos’io forridendo,che il Tasso à intefo parlar di que’ raggi, che cadono nell’acqua, o nel crirtallo perpendicolarmente, cioè fenza elTtr inclinati, rifpetto alla fupeificie di quefti mezzi, nè dall’una parte, nè dall’altra, come appunio farebbe un filo, a cui folle atraccato un piombo lopra il fuolo; poiché in quello cafo i raggi parlano oltre fenza romper fi, e feguicano a tenere la mede lima ftrada affatto, che tenevano innanzi. Ma la verità fi è, che i Poeti non parlano nè a’ Dotti, nè