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68 | Dialogo Secondo. |
egli tutto giorno che ciò, ch’è giudicato freddo dall’uno, vien giudicato caldo dall’altro? Anzi la me defilila cofa noi ftem ora la giudichiam fredda, ed ora calda fecondo la differente disposizione, in cui fiamo? Ciò, che flato farebbe per un Mi Ione Grò toniate, lifeio come uno fpecchio, non farebbe egli flato per quella dilicata Smirindide, che non potè dormire una notte, perchè una foglia di rofa, ond’ella avea fparfo il letto, s’era piegata in due, non farebbe ègliliaro afpro cóme l’ortica? E quelle. diffe rea ri fenfazioni cosioppofte tra loro, come è il freddo, e il caldo, il hfeio, e I afpro, non vengono elleno dalla differente difpofìzione de* fenibrj, dalla diverfa aifezion de’ nervi, o dà uni tenitura più, o meno dilicata delle parti deftinate a portar quelle fenfazioni al cervello? Perchè adunque non potrebbe egli avvenire, che quelle differenze foffero anche nella membrana, o pelliccila dell’occhio, in cui lì dipinge l’immagine degli oggetti, e ne’ filamenti del nervo Ottico, che portano quella immagine al cervello? onde ficcome riceviam divcrìe fenfazioni del freddo e del caldo, del iifcio e dfcll’afpro d’un oggetto; così ne riceveilì mo ancora diverfe del colore, o che fa io.
Questa immagine degli ogge tri, dille la Marchefa, che fi dipinge in una membrana dell’occhio, e qurfto nervo Ottico, che la porta al cervello, avranno per me bifogno di fpiegazione, affinchè io polla entrar meglio nel veltro pen fiere. Non fapete voi, rifpos’io, che quella fpiegazione nulla meno farà della fpiegazton della vilìone, cioè