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Dialogo secondo. 59

non ci tolga anco quella disposizione di parti, che questo ci â lasciato, parmi che non abbiam di che temere, pe ic i ea,c non altra; coficche ^ e >fXr o n e che fa nafcere in voi d’un bel*£$ESi**^** nafcer qu e ao a ^nn Pionch glia, o d’un’olivaftro; e in qaeft» U 5 Siete fiamo in ficuro. Seriamente, m odo F auni, che harn ^ ^. rf ^ SS^’mSi. io non ne dubito; ma 2he poi ad una certa difpofmone di parti m uà corro cornfponda m tutti gli uomini la medeiiSeT di quello io non vipoffoaflicurare. Chi fa ere le fogHe di quelli alberi, che io veggo Jun colore, fhe io c^o verde, voi non le vedU? c d f un colore, che io chiamerei rodo, o già -? di aualche altro colore di cui per avventurato id^? V^i mi vorrei far troppo Fi (S, ditte la Marchefa, ed io non fapròpoi come vive re cogli uomini. Voi m’avete fatto levala corpi laluce, i colori, rodore il fapore J tutte Quelle altre cofc, ch’effi an fempre loro SS di buona voglia, e che fi fcandalezze- «bbono di fentire che fi voglìan levar loro. Ma tutto quello non vi balla. Voi volete ancora, che io dica, che ciò, che alcuni veggon verde, altri lo veggan rolfo, o giallo, o di qualche altro colore, di cui per avventura alcuno non avrà idea Si può egli aver minor riguardo agli uomini", che fon certamente perniali di veder tutu i colori della ftefla maniera? Vi dirò ancor prò, rifpos’io, poiché per ittiraar queih uomini, de'