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58 | Dialogo Secondo. |
relassero, e amoreggiassero, come fe fosser presenti. E i Cmefi non furon eglino oltremoda ^P cViTn vedere, che ceni fegni fopra alcune righe, de' suoni producessero, delle consonanze, e un concerto di musica?
Io gl'imiterò, disse la Marchesa, come nella loro sorpresa, così nella docilità, che e motoreno nell" abbracciare anco a cotto del loto amor crom o tutto ciò che noi infegnammo loro di Sev’ole Bifogntrà pur dunque fare una foffiSi di ciòcche vot chiamate rofev egiS &fi a qu, u* Filosofia che ce: Ufee forfè per lo noftro migliore. In venta, log siuns io, i° ammiro la vollra moderazione di acSSSSi a quefto Cartcfiamfmo che e per dir vero un poco ingiunofo alle Belle. Al tempo de la Filofofla d’Ariftotele, che volea, che le cmah Tmlro ne’ corpi, li potea avere un pò p«d«vanità della fua bellezza. Ma ora bifogna nnunv are a tu te quelle cofe, fulle quali prtncipalquella «niià li fonda Egh e -- che colla fola difrofizion di W****J™$£ beta voi fluiterete a fare tutto c»o, ■ «J™ fatto per Indietro col colore rOtfe; ma egh e. ro altresì, che egli è ito per ^mpre fenz gg* ™ alcuna di ricovrarlo giammai. In ogni caio le tSSZZi che auefto liftema che modo P«*»^ ornarmi ^^^ r T^ S*Si di e io vi prometto di non parlar giammai di Filosofia.
Fino a tanto, diss'ella, che un altro sistema