in quest’oscuro laberinto. Io non veggo come tutti quelli moti abbiati che fare con un colore, che io concepisco; che è una cosa, mi pare, di questi moti affatto diversa. Concepite voi meglio, le rispos’io, com’abbia a fare l’idea del dolore colla distrazion delle fibre della vostra mano, o l’idea della speranza con un certo moto, che è ne’ muscoli di un occhio? E pure voi vedete in fatti, che queste cose sono insieme legate, e che l’una è cagione, o almeno occasion dell’altra. Voi domandate più, che non vi si può dare. Le più importanti cose all’umano sapere, sono per isventura nostra le più dubbie. Chi vi potrà dire come gli oggetti cagionino certe idee nell’anima, ella all’incontro certi moti nel corpo, come inestesa fa ella si trovi per tutto, invisibil vegga, e intoccabil tocchi ogni cosa? I Filosofi vi faranno facilmente, e colla maggior’ eleganza del Mondo passare il moto de’ globetti della luce, o qualunque altro moto ai nervi, e da questi o per via d’un fluido, che scorra per le cavità di essi, o per via d’un tremore, che in essi si ecciti fino al cervello, a cui vanno tutti a terminarsi, e, se vorrete ancora, ve lo faranno passare per fino a certe parti di esso, in cui ânno immaginato essere la residenza dell’anima, che sente. Ma lo spiegarvi poi come giunti al cervello, o alla residenza dell’anima producano in essa questa, o quell’altra idea, egli si è affatto un mistero. Questo passaggio che in apparenza par si picciolo, si è per li Filosofi, ciò ch’era per gli Antichi, l’Oceano innavigabile. Qual comunicazio-