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Dialogo secondo. 53

Corallo che è d’un bel rosso se si macina e si tritura, divien d’un rosso bianchiccio. Un liquore mescolato con un altro muta colore; le quali cose avvengono, perchè in quel trituramento, e in quella mescolanza si muta la disposizione, e la figura delle parti di que’ corpi, ond’esse rimandan diversamente la luce, e quindi si altera e si muta in noi l’idea del colore. Non da altra cagione procede la veneranda canizie della vecchiaja, la passaggiera bianchezza nell’Inverno di molti animali del Nord, l’essere alcune rose alla Cina nel medesimo giorno or bianche, or d’un bel porpora dipinte, e quella prodigiosa mutazion di colori, che seguono principalmente le vicende degli affetti, e delle passioni nel Camaleonte, sorgente di tante allusioni a Moralisti ed a Poeti, di tante favole agli Antichi, e di tante belle osservazioni a’ Moderni. E che cosa è egli altro, se non una disposizione di parti che fa, che il più di voi altre Dee ci siate nascoste al sorger del letto, e un’altra disposizione, che vi lasciate alla fin vedere, & adorare dopo un’ora, o due de’ sacri riti della Toletta?

M’accorgo, replicò la Marchesa, che non va nulla di chiuso per la Filosofia. Noi possiamo bensì nasconderci agli uomini, ma non già da’ Filosofi. E perchè in fatti volersi ascondere a una gente, che vede ciò che occhio umano non à veduto giammai, de’ globetti con un certo moto, delle fibre e de’ nervi, a’ quali quello moto e comunicato, e portato al cervello? Benchè io vi confesso di aver ancora bisogno che voi mi guidiate