zione, e ci assicura che nostro è il delizioso, e non
ancora definito sapore dell’Ananas, nostro è il grato verde d’un praticello, e nota è pure quella che
ogni cosa ravviva, ed anima, l’alma luce del Sole.
Io v’intendo, ripigliò ella. Noi diventiamo
ricchi alle specie altrui, e siamo come
l’antica Roma, dove si portavano le spoglie di tutto
l’Universo. Mal, rispos’io, per la Filosofia, se
le sue ragioni non fecero migliori di quelle della
Politica, e dell’ambizione. Io veggo bene che
voi non ne avete ancora una giusta idea. Acciò
veggiate ch’ella non si usurpa nulla, e che non
si toglie che il suo, premetevi con un dito l’occhio
da un canto, o dall’altro, e voi vedrete dalla
parte opposta una fiammetta rotonda di color
rossiccio. In quello caso non v’à certamente fuor
dell’occhio nè colore, nè luce. Voi gli vedete
però niente per altro, che per la pressione del
vostro dito su’ nervi dell’occhio vostro. I globetti
della luce che vengono dalla superficie de’
corpi, fanno più dilicatamente nell’occhio ciò
che il vostro dito non fa, che grossolanamente.
La diversa disposizione poi, e la differente figura
delle parti di un corpo, è la causa della diversità
dell’imperfezione che da’ globetti riceviamo. E in
fatti che a quella sola disposizione, e figura delle
parti in un corpo si debba attribuire l’eccitare,
ch’esso fa in noi l’idea d’un colore, o d’un altro,
non si vede egli manifestamente da ciò, che mutando
questa disposizione si muta anco il colore?
Il che non dovrebbe avvenire, se veramente il
colore fosse nelle parti del corpo medesimo. Il