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Dialogo Primo. 43

esempio delle vostre guancie e il rosso dell’Iride, o del prisma, non v’â differenza alcuna, se non che per avventura si vorrebbe più volentieri far delle osservazioni su quello, che su questi. Ma in fine e’ sono egualmente apparenti e d’una natura medesima. Che forse credete voi, io le soggiunsi ridendo, che tanti Poeti avrebbon paragonato le Belle all’Iride, se non vi fosse questa somiglianza ne’ loro colori; come fece per esempio uno de’ primi dell’età nostra in questi maestosi versi, parlando d’alcuna, che dovea forse somigliare a voi.

     Tale in somma ne gìa, qual di rubini,
     E d’or ricca, e di gemme, e d’ostro adorna
     Sorger veggiam la mattutina Aurora,
     O qual sul variato, e lucid’arco
     Apparir suol dopo nembosa pioggia
     Di Taumante la Figlia; allorchè i Venti
     Si stan sospesi a vagheggiarla: e intanto
     L’insano Mar depon l’ira, e s’acheta.


Voi vedete bene, che una delle più splendide e pompose comparazioni, che essi abbiano in capitale, peccherebbe troppo essenzialmente.

Seriamente, disse la Marchesa, io ho sempre creduto che quel colore, che io ho nelle guancie, qual’egli siasi, fosse veramente nelle mie guancie, e che i colori nel prisma, e nell’Iride non vi fossero che apparentemente. Spiegatemi di grazia questo paradosso, che per dir il vero m’imbarazza, e fate che il rassomigliarmi all’Iride, per