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Dialogo Primo. 33

suo splendore e della sua gloria. L’adulazione forse le fece già malamente prendere ad alcuni Astronomi cortegiani per piccioli Pianeti, che si frappongono tra il Sole e noi, e si servì di costoro per trasportare in Cielo i casati di que’ Principi, da’ quali aspettavan quì in Terra una picciola pensione in contraccambio dell’investitura di migliaja di Pianeti: e la gentilezza Filosofica le trasformò ne’ nei del Sole; se vi piacesse più l’idea, sotto a cui le rappresentò alla Regina di Prussia il famoso Leibnitz, egli che credeva di dovere ammollir la Filosofia per le Regine. La cosa è troppo seria, disse la Marchesa, per rappresentarsele sotto un’idea così piacevole. De’ nei grandi come la Terra ponno fracassare, e mandare in pezzi un viso.

Fin’ora il nostro Sole, continuai io, è stato assai felice per liberarsene. Il moto e l’agitazione, che è nella materia sottile, le tritura, e le dissipa a misura ch’elle si formano. Se ne vide già una, che oscurava la quinta parte del disco Solare; enorme grandezza e spaventosa, che dovette far tremar gli Astronomi, e rattristar tutto il Mondo. Il Sole alla fine se ne disfece, e la vinse: nè v’â nè men per questo da temer per ora d’alcun sinistro accidente. Ma non tutti gli altri Soli ebbero al nascer loro così favorevole la sorte. V’â delle Stelle, che sono considerabilmente sminuite; cosicchè alcuna, ch’era stata dagli Astronomi altre volte posta nel secondo rango, â poi appena meritato d’essere annoverata nel sesto. Bisogna dire che le macchie sien cresciute