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Dialogo Primo. 21

screti e più umani degli altri tra gli Antichi, i quali si forzarono di spiegar ogni cosa col voto e col movimento e colla figura di certi minimi corpicciuoli che chiamaron Atomi, ond’essi diedero alla loro Scuola il nome d’Atomisti, la più antica forse di tutte, e che tentò di novellamente al lume dell’eloquenza risorgere sulle rovine dell’Aristotelica, e in opposizione alla Cartesiana. Costoro dissero la luce, a cagion d’esempio, del Sole altro non essere che una perenne, e copiosa corrente di picciolissime particelle o atomi, che da esso Sole scaturiscono, e con una incredibile velocità si spargono per ogni verso, riempiendo tutti i vasti ed immensi tratti del Cielo; cosicchè il lume sia sempre seguito da un nuovo lume, e un raggio sia come spinto da un nuovo raggio. Ciò potrete agevolmente intendere colla similitudine di un fonte — Questo intendo io benissimo, rispose la Marchesa interrompendomi, senza il fonte: ma io temo forte, non questi vostri Atomisti, col far continuamente uscir tante particelle dal Sole, ci facciano alla fine un bel mezzodì restare al bujo. Certamente, ripigliai io, questa sarebbe una brutta burla, che e’ ci farebbono, nella quale non vi saria che alcune belle, che per avventura guadagnassero, le quali sarebbon sempre viste a lume di candela. Ma non dubitate. I cangiamenti di questa importanza vogliono più tempo assai che il cangiamento di una Monarchia: e poi questi Atomisti ci assicurano in modo, che e’ saria quasi vergogna il temere. Primieramente, dicon’essi, la tenuità e picciolezza incredibile