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300 | Dialogo Sesto. |
forfè, benché in che cofa confidano i Colorì, e la Luce, fola mente per conghie t tura Tappiate chi dica 4 che molto più ne fapete, che non convienfi per avventura ad una Dama. Io ne avrò la colpa; io che v’ó fatto fopra que’ pochi verfì, che an dato occafione a quella Luce un Comento, che baderebbe ad un Poema Balla Filofofìa Newtoniana. Ben per lei che voi faprete diffimular talora il vollro Japere con coloro, che fi beffan di ciò che dovrebbono imparare, e che alla Scienza della Folca voi congiungerete anco quella del Mondo.
Che dunque, efclamò ella, io fono ora tanto dotta da dovere itudiare di e Aere ignorante > Seriamente io pollo chiamarmi Newtoniana? Voi avete di già, replicai io, folennemente abjurato a* primieri voftri filolofici errori. La Luce del Nevvtonianifmo à diffi paro -i Cartelìani fantafmi, che vi affala na vari la villa. Voi liete ora veramente Newtoniana, e lo farete con non lieve vantaggio della Verità. Io voglio poi un giorno feri vere la bella conquida l che le ò procurato, e fon certo, fe io poi elfi dipingervi quale voi fiere, che non mancherebbono al mio Libro Lettori, nè feguaci alla buona Filofofìa. Voi farete la Venere, che preilerà il leggiadro Cinto a quella aufiera Giunone per renderla agli Uomini amabile e vezzofa.
IL FINE.