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Dialogo Sesto. 297

se del fuo fpirito conofee i confini dell’umano.

I raggi della luce, vi dice egli, non farebbon’eglino per avventura corpicciuoli di differenti grandezze, i più piccioli de* quali il color violetto, come di tutti il più languido ed ofeuro d i inoltrano, e fono dall’attrattiva forza del prifma più agevolmente di tutti dal diritto cammin loro diitorti, e gli altri di mano in mano, fìccome più grandicelli fono, così più chiari e più forti colori dimofrrano, l’azzurro, il verde, il giallo, e il roffo, e fono fecondo la maggior forza del colore, e la maggior grandezza de’ corpicciuoli che lo compongono, più difficilmente rifratti? Certa cofa è, che i raggi della luce e quanto al colore, ed alla rifrangibilicà fono tra loro divertì, e quanto alla forza, con cui percuotono il fenfo c Lo fcarlatto ci abbacina la viltà, l’azzurro del Cielo languidamente la muove, e foavemente la ricrea il verde d’un praticello. Una foladi quelle differenze, difTe Ja Marchefa, baftato avria ad un cornuti Filofofo per francamente porre quefta differenza di grandezza nelle particelle della luce; tutte e tre battano appena al noftro per formare una congniettura.

V'a replicai io, nella vasta ed illimitata Profpetciva della Narura oggetti, che fìam condannar, a veder fempre mai confufi, e languidi fenza fperanza, chc cannocchja, e aIcun0 | m tanza ne fcerai e nc accrefca agli occhi noftri ofofo nd nn" * I mod °™ del noftro Fiatato nel non affermare, che quello che dimo-