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Dialogo Sesto. 295

ella vi ■paffa liberamente attraverfo, fe nel fomniQ, ella è rifiuta. Quandi vengono gli acceffi, o le veci delle più facili trafmijfione, e riflefftone, cioè il medefimo raggio di luce è in un momento trafmeilb, e nflettuto nell’altro; e poiché le vibrazioni di quello fluido fon rapidiffime, egli ci pare nel med efimo tempo, e riflettuto, e trafme ilo. Ma eccoci già a* confini delle cofe, dove fi sfumano, per così dire, le idee, alle sbarre del fapere, le quali non è di fuperar concetto a qualunque forza d’umano ingegno, ed io forfè fono lcorfo più oltre che non dovea.

Molte cofe fono fiate propofte dal Signor Newton forto 11 forma di Qulltioni che fono verifimilmente i nafcondiglj, e i receflì, ne’quali fi ritira la Natura per fottrariì agli fguardi mortali. Le Analogie tra i fuoni, e i colori, lefirane metamorfofi di luce in corpi, e de’ corpi in luce, le doppie, e maravigliofe rifrazioni del crifhllo d’Islanda, dei crii tal di Monte, e di quello, che sì è ultimamente feoperto al Braille, faranno enigmi Tempre mai inpcnetrabili al genere umano, ic entello EJipo non gli- a iciolti, e indovinati. Quanto diveifa dal tnodeiio dubitar di quello Legislatore de’ Saggi non è la temeraria aHerzione de’Seduttori della moltitudine? Frometton coitoro tuttavia agli uomjni che ài femore coli’ iiìdfe Infinge ingannato, di fpalancar loro ben prdìo, e agevolmente con certi nuovi principi ll &tf allora tentato in vano, e chiufo Tempio della Verità, nella guifa che altri con certi loro novelli Siiìcmt tendono di quando in quan